È una data imprecisata attorno al 1298. Nelle prigioni di Genova un certo Rustichello da Pisa trascrive sotto dettatura le avventure in Cina di un mercante veneziano, Marco Polo. Fra le tante contrade visitate c’è anche la Persia. Lì, nella città in cui si venerano i fuochi sacri, Marco apprende una storia sui Tre Re Magi, sui tre doni (oro, incenso e mirra) e su come Gesù apparve loro in tre diverse forme, corrispondenti all’età di ognuno (giovane, adulto, vecchio). Quando però tutti e tre si recheranno al suo cospetto, lo vedranno nell’età reale, quella di un pargolo di tredici giorni. L’episodio evangelico dei Magi rappresenta un momento saliente nel dialogo fra Oriente e Occidente. Il libro esplora le occasioni in cui il cristianesimo è entrato in contatto con una cultura “altra” come quella iranica dando origine a suggestive ricodificazioni.
Siamo tra il 1506 e il 1508 quando Giorgio da Castelfranco detto Giorgione dipingerà i Tre filosofi, un quadro in cui la contaminazione con elementi ermetici e alchimici è palese. Il dipinto, oggi conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna, raffigura i tre sapienti, i tre filosofi, in tre età differenti: giovane, adulto e vecchio, come i Magi evangelici. Il committente era Taddeo Contarini, un mercante veneziano appassionato di esoterismi, assiduo frequentatore dei codici manoscritti appartenuti al cardinal Bessarione, il tesoro dell’allora neonata Biblioteca Marciana. Del lascito Bessarione fa non a caso parte anche il Marcianus graecus 299, uno dei tre più importanti manoscritti di alchimia greca sopravvissuti.
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