Le indicazioni e gli avvertimenti (al-Išārāt wa-al-tanbīhāt) rappresentano l’ultima fra le grandi opere di Avicenna.
Non si tratta di un’enciclopedia rivolta al grande pubblico, ma di una trattazione selettiva a uso di una ristretta cerchia di discepoli. Di qui si spiega lo stile brachilogico, allusivo, nonché la scelta di argomenti connessi ai più intimi interessi avicenniani: logica, fisica generale, ontologia, metafisica speciale (psicologia, teologia, cosmologia) e religione. Sono presenti temi trascurati o marginali in altri scritti, come gli stati conoscitivi e le facoltà sovrannaturali dei “conoscitori” (ʿārifīn), gli individui che cercano la conoscenza diretta di Dio. È in virtù di queste specificità formali e contenutistiche che Le indicazioni hanno saputo attirare – e in certi casi polarizzare – l’interesse di una moltitudine di interpreti lungo la storia del pensiero arabo-islamico.
Il periodo fra il XII e il XV secolo vede un’esplosione di commentari, supercommentari e glosse, cosa ironica se consideriamo l’esplicita volontà avicenniana di riservare l’opera a un pubblico ristretto. Eppure l’importanza rivestita ancora oggi da alcune opere esegetiche – in particolare quelle di Faḫr al-Dīn al-Rāzī e Naṣīr al-Dīn al-Ṭūsī – è testimone del fatto che avvicinarsi a Le indicazioni significa necessariamente inserirsi all’interno di uno sforzo interpretativo secolare e forse mai ultimato.
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